“Kafka For President”, il nuovo progetto di Gabriella Diana

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É uscito giovedì 3 novembre 2022 l’album di debutto del progetto Gamaar, fondato dalla cantautrice e produttrice bresciana Gabriella Diana. Un nuovo capitolo che prende il nome di “Kafka For President”, un disco arrabbiato: nuotando nell’assurdo, racconta cosa succede alla mente quando galleggia e quando affoga. Vivendo in una società capitalista, una società della performance, del consumo, dello sfruttamento lavorativo, del trauma, del privilegio e della discriminazione, cosa succede alla nostra salute mentale? Si rompe, si contorce e resiste. Un alternative rock che sa di anni 90: suoni acidi e distorti, batterie energiche e ritmiche scomposte, quasi nevrotiche, con un cantato recitato, urlato, talvolta morbidamente malinconico.

Abbiamo parlato con Gabriella, e le abbiamo chiesto che cosa l’ha portata alla pubblicazione di questo disco, dell’essere pronti e di come sta andando.

“Kafka for president” è il vostro album di debutto. Quale percorso vi ha infine portato fino a qui? E che cosa significa, all’interno di questo percorso, per voi aver pubblicato questo disco?

E’ stata la conclusione di una fase: inizialmente questi brani sono nati da me Gabriella, sola soletta nel mio studio casalingo, e volevo fondare una band per poterli suonare in giro, con il sogno nel cassetto di incidere un disco. E l’abbiamo fatto. Ha rappresentato un percorso di crescita, di ricerca, di lavoro collaborativo e costruttivo, anche se talvolta stressante e frustrante. Ma abbiamo creato qualcosa di nostro, con un’identità, e forse era questo il senso: cos’è Gamaar? Cosa vuole dire, come vuole dirlo? Questo disco ci è servito per capirlo, e ora possiamo ripartire conoscendoci un po’ meglio.

Vi siete mai sentiti non pronti per un passo del genere? Forse è vero che in questo periodo storico un album ha una vita troppo breve?
Ora come ora gli album sono trascurati parecchio, l’ascolto della musica gira intorno al digitale e alle playlist. Però appunto era un mio sogno incidere un disco in studio e pubblicarlo, e ora che l’abbiamo fatto, possiamo valutare nuovi approcci e sperimentare un po’. Pronti non ci si sente mai davvero, ad un certo punto bisogna buttarsi, altrimenti si aspetta per sempre il fatidico “momento giusto” che poi alla fin fine non esiste.

Come nasce il progetto Gamaar? E dove state andando?

Gamaar nasce dalla mia musica e dai temi che affronto nei miei testi, dalla consapevolezza che una testa non basta mai e che è più bello lavorare insieme con un obbiettivo comune. Nasce dalla depressione e dall’ansia, dalla rabbia e dalla malinconia, e dalla voglia di riscatto che queste emozioni portano con sé. Dove sta andando lo scopriremo, sicuramente c’è tanta voglia di sperimentare e cambiare, senza fossilizzarci sul mantenere lo stesso stile; inoltre c’è tanta voglia di divertirsi, di alleggerirsi un po’.

Come sarebbe il mondo se Kafka fosse il presidente?

Mi piace pensare sarebbe un mondo più comprensivo ed empatico, meno diviso, più inclusivo, dove non ci sarebbe il bisogno di lottare per ottenere il minimo indispensabile necessario per vivere una vita dignitosa, forse un mondo dove il lavoro, per come lo conosciamo oggi, sarebbe abolito. Ma in realtà il titolo dell’album è provocatorio: è semplicemente un dire che questa vita è assurda, come lo è il capitalismo, e che dalla consapevolezza di tale concetto può nascere un nuovo modo di concepire la vita e noi stessi. Magari potrebbe aiutarci a riavvicinarci alla nostra umanità, al vivere nel momento, riconoscendo la nostra prigione fatta di ingranaggi, soldi, aziende, ansia climatica e consumismo, e provare a ridimensionarla, abbatterla, almeno dentro noi stessi, per trovare una dimensione “assurda” ma più accettabile e vivibile.

Quanto questo progetto è una band, e quanto invece un’evoluzione del carisma della cantautrice e produttrice bresciana Gabriella Diana?

Probabilmente è più un’evoluzione di Gabriella, anche se non del tutto: per quanto siano miei musica, testi e gran parte degli arrangiamenti, il suonare assieme dà vita a qualcosa di comunque nuovo e che non si sarebbe sviluppato in quel modo se non ci fossero stati Cristian e Ylenia. Questo punto è importante: in una band ogni membro ha grande importanza, non si scelgono a caso i compagni di viaggio quando si fa arte, ci dev’essere complicità, stima reciproca, fiducia e una grande intesa. Quindi, tornando alla vostra domanda, mi piace pensare che Gamaar possa essere entrambe le cose, perché nella mia testa una non esclude l’altra.

Morgana Grancia

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