Tre stagioni. La vita sognata, la vita vera

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TRE STAGIONI. LA VITA SOGNATA, LA VITA VERA è il debut EP de I Temporali, nuovo progetto alt-folk di Filippo Ghiglione. Un ritorno alle radici dopo anni passati con il moniker f o l l o w t h e r i v e r e un grande cambiamento per il cantautore ligure, con testi per la prima volta in italiano, senza dimenticare le atmosfere musicali già precedentemente esplorate.
Questo EP parla di una stanza, un piccolo posto da arredare con cura e da fare proprio per tre stagioni, sette mesi e duecento giorni. Sei piccoli passi, sei canzoni da tenere strette da qualche parte dentro al cuore, per coltivare il dolore scaturito da una separazione. Il lutto, la perdita, il disorientamento. E poi, dentro questa stanza, imparare a fare di questo dolore qualcosa di proprio, farne una parte di sé. E finalmente uscire fuori.
L’EP si compone di sei piccole canzoni seminate così, come piccoli pezzi di un puzzle, e spogliate di tutto, fatte solamente di una chitarra, qualche sovraincisione vocale e una voce, vera protagonista con la sua emotività, insieme alle parole che la accompagnano. Ritrovare la propria voce, ritrovare sé stessi e capire che casa nostra, e quella piccola stanza, in fondo siamo noi, dovunque andiamo e dovunque andremo.
Di vita sognata, del suo precedente progetto musicale e di cosa ha in serbo per il futuro, gli abbiamo chiesto in questa intervista.

Come mai tre stagioni e non quattro? E a che periodo risale questo disco?

Ciao “Corriere Dello Spettacolo! A queste due domande posso dare una risposta in un colpo solo: questo disco si chiama Tre stagioni. La vita sognata, la vita vera proprio perché parla di un periodo specifico, ovvero la primavera, l’estate e l’autunno del 2021. La quarta stagione (l’inverno) non c’è per questo motivo e poi forse per l’intimo significato di quel periodo, ovvero il pensare alla quarta stagione come qualcosa che deve ancora venire, che si deve ancora realizzare dopo la chiusura di un cerchio.

E quando hai capito che questi nuovi pezzi che stavi scrivendo sarebbero stati un nuovo progetto musicale? Hai iniziato subito a scriverli in italiano sin dal primo momento? Com’è iniziato il tutto?

L’ho capito subito, sia che sarebbero stati in italiano sia che avrebbero fatto parte di un progetto nuovo e diverso rispetto al precedente f o l l o w t h e r i v e r. Per tanto tempo sentivo di voler tornare a scrivere in italiano dopo diversi anni di canzoni in inglese, ma nel corso degli anni ho sviluppato una vera e propria fobia della lingua. Da un lato avevo paura di non riuscire a esprimere qualcosa di davvero intimo, personale e rilevante a livello testuale, dall’altra di tradire le mie radici musicali adattandole a qualcosa che non fosse mio. E poi è arrivata una tempesta, un temporale di cui mi sono accorto solo dopo il suo passaggio, ed è cambiato tutto. Le parole, le emozioni e le canzoni sono arrivate, e ho capito subito che sarebbe stato un tornare all’italiano, finalmente a casa.

Di quali aspetti musicali ti sei occupato in prima persona? E quali invece hai lasciato ad altri? Chi ha suonato con te in questo disco?

Questo è sicuramente un disco molto diretto, nudo e crudo. Non sono presenti arrangiamenti o produzioni, ma si tratta di canzoni suonate con un’unica traccia di chitarra e una di voce, al limite con qualche sovraincisione vocale. Ho pensato per molto tempo a che tipo di vestito dare a questi brani, e avrei potuto anche aspettare di trovare l’ispirazione giusta. Ma poi ho sentito il bisogno di pubblicarle, lasciandole libere, per il loro riferirsi a un periodo ben preciso. E si è rivelata, almeno per me, la scelta vincente per riuscire a trasmettere davvero l’emozione nascosta nel cantato e quindi a sottolineare ancor di più la voce e le parole pronunciate. Così ho suonato e cantato le mie canzoni, registrate dal mitico Gabriele Pallanca nel suo studio Genova Records.

E come vivi questo nuovo inizio? È davvero un nuovo inizio o forse questo disco ti fa vivere dei ricordi che non vuoi vivere? Riascolti mai i pezzi di questo disco o del tuo precedente progetto musicale?

Devo dire che in effetti ascolto molto più spesso queste canzoni di quanto abbia fatto con quelle del mio progetto precedente, forse perché sento davvero di essere riuscito a trovare la via per essere completamente disarmato in quello che dico e il modo in cui poterlo dire. Questo nuovo inizio è sicuramente legato a un periodo, una sorta di piccolo testamento emotivo, che fa affiorare ricordi, più che dolorosi direi agrodolci, malinconici, come la pioggia di settembre che annuncia la fine dell’estate. Ma che una parte di me rivive volentieri, nonostante tutto.

Che tipo di formazione musicale hai?

Dal punto di vista puramente tecnico, ho iniziato a suonare la chitarra elettrica a circa quindici anni prendendo lezioni da Adriano Arena, che negli anni è diventato un maestro e un amico, e ho continuato fino al 2020, spostandomi nel tempo più sull’acustica e concentrandomi sulla composizione per accompagnamento. Un paio di anni dopo l’inizio della chitarra, ho iniziato a studiare anche canto con il mio insegnante Carlo Parola, ma ho interrotto un po’ prima, circa sei/sette anni fa.
Dal punto di vista musicale, ci sono un paio di momenti topici nella mia vita di ascoltatore: quando il mio grande amico Marco Ferretti mi ha fatto scoprire il Led Zeppelin a quattordici anni, e poi quando grazie al produttore di f o l l o w t h e r i v e r Federico Malandrino sono arrivato a scoprire i Bon Iver nel 2013.

Morgana Grancia

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