L’improvviso “coming out” di Fabrizio e la sfrenata sessualità materna in “arancione”

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Ancora una volta il Teatro Golden di via Taranto regala al suo affezionato pubblico una piccante, satirica ed umoristica commedia divertente che si lascia seguire con attenzione e gusto salace per i suoi esilaranti quadretti di scena imprevedibili ed ispirati alla mondanità sociale ritratta nell’ambito ristretto d’un gruppo familiare , che il secondogenito Fabrizio invita nella sua casa per far conoscere ai suoi congiunti la fiamma che ha riacceso il suo cuore dopo la rottura con la fidanzata Daniela, un vero peperino frizzante da tutti i pori con un’enorme vivacità che Paola Michelini rende in pieno come una iena scatenata. Ella non ne poteva più di Fabrizio che da troppo tempo negli ultimi periodi la trascurava e non le faceva vivere i brividi del piacere sessuale, ma inizialmente i motivi non si sanno per cui nella casa del giovane la serata è destinata ad un esplicito chiarimento con la stessa. Il problema è che generalmente quando s’invita qualcuno gli si fa trovare qualcosa di pronto da degustare ed invece pure su questo piano l’interessato è colpevole in quanto, per la sua vita precaria e provvisoria senza una fissa occupazione, vive alla giornata ed ha il frigorifero vuoto, non essendo abituato come molti a fare la spesa una volta alla settimana e riempire la dispensa per far fronte alle necessità quotidiane. Questo lo scopre il fratello maggiore Marco che, dopo aver suonato per mezz’ora alla porta, si rende conto di come il consanguineo si lasci andare e viva sbadatamente, avendo in frigorifero soltanto mezza mela e nella credenza il riso Venere, quello  cui è legato per la pubblicità il “mitico” tanto decantato Gerry Scotti, nonché nella credenza pane e rigatoni secchi. Nel corso di questo aspro diverbio irrompe sul più bello come una furia Daniela che non ci vede più dalla fame ed insulta l’ex fidanzato per il suo scriteriato comportamento, che non ha lontanamente pensato ai bisogni degli invitati senza un  minimo   impegno dettato dal “Galateo “ del Della Casa. Qual è la soluzione da prendere in  simili arroventati frangenti in cui i nervi sono a fior di pelle, l’isteria e la rabbia inaspriscono i rapporti ed accentuano lo stress personale, già messo a dura prova dalle  preoccupazioni giornaliere? Rivolgersi al “catering” sotto l’abitazione oppure cercare una gastronomia con orario prolungato ed è appunto quello che fanno i tre, mentre nella “sit – com” del salotto nel bilocale di Fabrizio irrompe, come in preda ad un’agitazione ansiogena e crisi neurologica Ines, impersonata da una sempre aitante, fulgida e vispa nella sua recitazione, Patrizia Loreti che crede che quella sia la residenza del dottor Gazzaniga, famoso psicoterapeuta. Come nel classico “Vaudeville” francese all’insegna della “pochade” noteremo nel corso della seduta che così non è, ci dev’essere un equivoco di fondo, accentuato dal fatto che il dinamico ed inquirente Aron non vuole  alla fine essere pagato per la sua paziente audizione dello svelamento profondo della donna, che è una vulcanica “bomba” giacché dopo essere stata lasciata dal marito dopo 30 anni di matrimonio con due figli, che le hanno dato l’angustia di non avere la gioia dei nipoti con cui invecchiare, finalmente dopo tre anni s’è di nuovo innamorata d’un ragazzo congolese di nome Patrizio che se la gode tutti i giorni con il suo organo di grosse dimensioni , come urla per telefono alla sua amica per provocarle invidia, che la mandano in estasi e la fanno vibrare tutta di focosa verve. Intanto la pièce deve giungere ancora al suo culmine che s’avrà allorché i tre rientreranno dal rifornimento di viveri e, chiarito l’increscioso scambio d’appartamenti in quanto il professionista è in quello di fronte, cominciano a mettersi i puntini sulle i e Fabrizio  li rende edotti che quello non è altro che la sua fresca metà del cuore, essendosi accorto di essere gay, il che accresce il dolore materno e si parla di razzismo ed omofobia, come avviene in questi casi. Più astutamente Fabrizio allude alla ragione che, forse, Patrizio corteggia la madre solo per  il  suo ingente patrimonio. Ognuno ha dei segreti da celare, alla maniera di Marco e Daniela che si sono messi insieme dopo la rottura con Fabrizio ma non hanno avuto ancora il coraggio dopo 11 mesi di rivelarglielo.  Si registrano battute più o meno esplicite riferite alle situazioni ingeneratesi ed ai moti proverbiali di dire, alla moderna fraseologia di circostanza, per cui il “vaso di Pandora” sembra non doversi scoperchiare. Poi  Aron decide di prendere il controllo della vicenda divenuta boccaccesca e si presenta con uno splendido abito bianco nuziale con tanto di cappellino e tacchi a spillo  con il nome di Arianna da “transgender” ricordandosi che nella discoteca ed in cui Fabrizio l’ha vista faceva la “vamp” come tronista e cubista, avvolgendosi pure sul palo, con una sorta di sorpresa meraviglia deflagrante che colpisce gli astanti, con una mamma che fa buon viso a cattivo gioco ed accetta il ruolo del” bell’Antonio” del figlio, tanto l’uomo di colore che la fa impazzire dalla libidine, gridata pure dalla finestra, lei ce l’ha. Più ritrosia a farsi avanti per smascherarsi ce l’hanno Marco e Daniela che temono di distruggere psicologicamente il fratello e ciò c’ha rammentato il film “Perfetti sconosciuti” di Paolo Veronesi, ora al cinema con la sofisticata versione moderna con maschera della classica opera shakespeariana, tuttavia Ines convince il primo figlio , che da bambini guardava il minore quando giocava pericolosamente con il coltello, a confidarsi con il più piccolo, riandando alla fiducia e solidarietà dell’infanzia. Riusciranno i due fratelli a fare pace e volersi di nuovo bene come prima, dopoché ciascuno ha trovato la sua anima gemella? Questo non lo possiamo naturalmente scrivere per non togliervi d’andare a visionare la piacevole e dissacrante commedia su parecchi tabù e traumi familiari, inibizioni e pulsioni non rimosse, fino al 3 marzo. Il titolo “Arancione” da che deriva? Si tratta d’un colore mediato dalla fusione del rosso e del giallo rispondenti a due caratteri della personalità: quello che in realtà siamo e quello che gli altri vorrebbero che noi fossimo. Insomma siamo davanti ad una leziosa e stucchevole, deliziosa per certi aspetti, rilettura della commedia pirandelliana famosa “Uno, Nessuno, Centomila” con differenti visualizzazioni degli altri ed atteggiamenti, impostazioni, esistenziali dei singoli soggetti. Vengono fuori molteplici prototipi e quadri a chiaroscuro delle famiglie di oggi che vi si possono rispecchiare pienamente, con le debite proporzioni od accentuazioni delle relative avventure. Straordinaria è la recitazione in “double face” con la giusta timidezza riservata e circospezione prima del colpo di scena finale di Fabrizio Colica , che l’ha pure scritto e lo dirige da par suo, nella parte del protagonista, mentre gli altri sinergici attori dell’efficace ed intrecciato lavoro per 5 interpreti  sono Mauro Conte e Leonardo Bocci, a lungo applauditi meritatamente dall’affollata platea a vetri  riflettenti per una splendida luminosità.

Giancarlo Lungarini.

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