“Chi come me”, intensa lezione di umanità

Data:

 

Al Teatro Franco Parenti, Milano fino al 4 maggio 2024

Preceduto da tre preview ha debuttato in prima nazionale, nella nuova Sala A2A del Teatro Franco Parenti, il coinvolgente Chi come me di Roy Chen nell’adattamento, regia e costumi di Andrée Ruth Shammah, traduzione dall’ebraico di Shulim Vogelmann. Un nuovo spettacolo, forse l’ultima regia, della regista Shammah che ha stregato gli spettatori, irretiti e sedotti in quello che è più di uno spettacolo teatrale, per toccare punte di commovente e profonda immersione nella condivisione di un’esperienza umana. Ossia il compito e il fine del teatro, quello cioè di non uscire mai dalla sala con lo stesso animo con cui si è entrati… Chi come me è scaturito dalla penna di Roy Chen dopo “l’avventura” vissuta frequentando il centro di salute mentale di Tel Aviv, invitato dai medici ad assistere a una lezione teatrale di alcuni ragazzi della struttura. L’empatia subito stabilita nella frequentazione, ha fatto germinare l’idea di conservarne memoria, mettendola nero su bianco trasformandola in un vero e proprio testo teatrale.  Lo spettacolo che ne è nato ha visto la luce al Teatro Ghesher di Giaffa nel 2020, salutato da un successo oltremodo lusinghiero e premiato da una tenuta in cartellone che dura ancor oggi. La trama, semplice quanto veritiera, specchio fedele di un disagio che percorre un po’ tutti, ruota attorno a cinque giovani in formazione adolescenziale presenti nel reparto giovanile del centro di salute mentale di Orot: ospitati provati da disturbi psichici, elevati nel testo a emblema di quel disagio giovanile che interpella tutti. Una novità irrompe nel “centro di salute” nelle vesti di una insegnante di teatro che mira a corroborare la specificità delle terapie mediche con l’interazione della parola e di un coinvolgimento di affetti e di stima.  “Chi come me”, che dà il titolo alla pièce è un gioco degli anni ’70 nato per vincere l’imbarazzo, l’esitazione e la freddezza iniziali nelle relazioni interpersonali, riuscendo a esprimere le proprie emozioni. Così la Signorina Dorit dopo averli coinvolti per diverse vie di approccio quanto diverse le sensibilità, stimola i ragazzi a scrivere brevi testi per recitarli in uno spettacolo allestito per i genitori, oltre ai medici e al personale del reparto. Dapprima i ragazzi si mostrano restii ad accettare la novità, poi si sciolgono riuscendo a condividere quello che provano.  Grazie al teatro, in cui riescono a trovare la loro pace. Per rendere la scrittura così vera e travolgente l’autore si è messo personalmente in gioco, non risparmiandosi nell’aprire l’animo come i ragazzi hanno fatto con lui. Fondanti le sue riflessioni: Speravo che questo testo potesse far salire, almeno un po’, il livello di compassione che è sempre a rischio di affievolirsi. Ecco allora nascere spontaneo il moto di com-patire percependo, anche solo per lo spazio di una serata, emozionalmente la sofferenza altrui e desiderare di alleviarla. Empatia, comprensione dell’altro, escludendo un’attitudine affettiva personale e un giudizio morale; sentire la sofferenza altrui e cercare, quando si può far poco, anche solo di esserci. Con umanità e intimità. Il coinvolgimento di Chi come me operato sugli spettatori per l’intera serata, va ascritto ad Andrée Ruth Shammah che ha saputo infiammare una compagnia di giovanissimi interpreti (dai tredici ai diciassette anni) capaci di una maturità espressiva sbalorditiva, abilissimi nel rendere i diversi disagi psichici di cui son portatori. Samuele Poma era un rabbioso e irruente Barak, Federico Di Giacomo un incredibilmente sfaccettato Emanuel, Chiara Ferrara una lucidissima e disincantata Alma, Amy Boda una tenera e sognante Tamara/Tom mentre Alia Stegani è una traumatizzata e lunare Ester. Accanto a loro, non meno intensi e partecipi Elena Lietti quale Dorit, insegnante di teatro determinata quanto umana, Paolo Briguglia un Dott. Baumann in piena e sagace empatia con i suoi “ragazzi”, per chiudere con l’alto artigianato attoriale di Pietro Micci e Sara Bertelà, poliedrici interpreti dei ben differenti caratteri – dallo snobistico al plebeo, dal trasognato al dolorosamente rinserrato – dei diversi genitori. Allestimento scenico di Polina Adamov, luci Oscar Frosio, musiche di Brahms, Debussy, Vivaldi, Saint-Saëns, Schubert. Meritatissime e condivisibili ovazioni finali per tutti. Spettacolo da non perdere.

gF. Previtali Rosti

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