Il Vangelo secondo Matteo

Data:

ITALIA 1964 124′ B/N

REGIA: PIER PAOLO PASOLINI

INTERPRETI: ENRIQUE IRAZOQUI, MARGHERITA CARUSO, MARCELLO MORANTE, SUSANNA PASOLINI

VERSIONE DVD: SI’, edizione MEDUSA VIDEO

La vita e alcune opere di Gesù raccontate da Pasolini seguendo fedelmente il Vangelo di Matteo, partendo dall’annunciazione a Maria fino alla morte e resurrezione.

L’impronta del regista è ben riconoscibile sia sul versante estetico che su quello ideologico. Per quanto riguarda il primo, balza subito all’occhio il consueto gusto per le location. Dopo un deludente viaggio in Terra Santa (documentato nel film Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo), con la brutta sorpresa di aver trovato i vari luoghi visitati (tra cui Betlemme e il Lago di Tiberiade) irrimediabilmente compromessi dal tempo e dalla modernità, Pasolini ha individuato l’alternativa ideale nell’Italia rurale del Centro-Sud (tra Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), con il colpo di genio dei Sassi di Matera trasformati nella Gerusalemme di duemila anni fa. Qui, nel mondo contadino dei “semplici” che tanto gli è caro in quanto non ancora contaminato dallo Sviluppo (in riferimento alla sua celebre affermazione “CREDO NEL PROGRESSO, NON CREDO NELLO SVILUPPO”), oltre a una Natura aspra e bellissima, Pasolini trova anche i volti ideali per il suo film, scegliendo gli attori tra la gente comune e coinvolgendo anche la madre Susanna (che interpreta un’intensa e credibile Maria da anziana) e alcuni amici scrittori e intellettuali (come Natalia Ginzburg e Alfonso Gatto); appare per la prima volta sullo schermo anche l’allora quindicenne Ninetto Davoli, che diventerà uno degli attori preferiti dal regista.

Il delicato ruolo del protagonista è assegnato a un altro non-attore, il diciannovenne italo-spagnolo Enrique Irazoqui, militante antifranchista arrivato in quel periodo in Italia per questioni politiche e sindacali. Pasolini, dopo averlo conosciuto, vede in lui il Gesù ideale che ha in mente, con una fisicità lontana anni luce dall’iconografia cristologica classica (cui aderisce in pieno, ad esempio, il Cristo di Zeffirelli interpretato da Robert Powell in Gesù di Nazareth). Oltre che per l’aspetto, anche nell’atteggiamento – e qui arriviamo all’impronta ideologica impressa da Pasolini alla storia – questo Gesù è molto “terreno”, un uomo tra gli uomini, fatto più di carne che di spirito, sanguigno, polemico, arrabbiato, forse anche triste per la consapevolezza di farsi portatore del peso insostenibile dei mali del (terzo) Mondo. Pasolini ne privilegia il lato umano, limitando al massimo quello divino, cioè i miracoli, che il regista mostra in minima parte e senza enfasi (nella prima stesura del film, oltre ai miracoli, non era prevista nemmeno la resurrezione). A rendere indimenticabile questo Gesù contribuisce in maniera determinante anche la voce di Enrico Maria Salerno, una delle più belle del cinema italiano (suo anche il doppiaggio di Clint Eastwood nella “Trilogia del dollaro” di Sergio Leone).

Restando sul versante audio, lascia il segno anche la splendida colonna sonora, che alterna con originalità musica classica (Bach, Mozart e Prokofiev), blues (Dark Was the Night, Cold Was the Wind di Blind Willie Johnson) e spiritual (Sometimes I Feel like a Motherless Child), brani che si adattano alla perfezione alle immagini.

Lasciate le periferie romane dei suoi “ragazzi di vita”, Pasolini si è cimentato con una materia, il Sacro, che per un laico come lui rappresentava una vera e propria sfida. Vinta: Il Vangelo secondo Matteo rimane a tutt’oggi il film più bello ed emozionante riguardante il Cristo, un’opera capace, nel corso del tempo, di mettere d’accordo credenti e non credenti, una volta decantate le critiche suscitate all’epoca dal film per questioni di mero pregiudizio ideologico. Il regista è riuscito nell’impresa di raccontare la figura e la vicenda più note della Storia adottando un approccio al contempo rispettoso e personale, trovando un magico equilibrio tra cristianesimo e passione civile, tra il mistero del Sacro e l’urgenza del messaggio terzomondista.

Francesco Vignaroli

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