UNO SGUARDO DAL PONTE. Quando gli emigranti eravamo noi

Data:

Roma, Teatro Ghione, dal 19 al 24 novembre 2019

E’ un dramma dei sentimenti quello rappresentato con Uno sguardo dal ponte, l’opera di Arthur Miller in scena in questi giorni al Teatro Ghione di Roma. Uno straordinario Sebastiano Somma da corpo e voce ad Eddy Carbone, l’immigrato italiano negli Stati Uniti, quando erano i nostri conterranei a cercare migliori condizioni di vita. Scritta nel 1955, la tragedia, perché di vera tragedia si tratta, con tanto di personaggio, l’avvocato, che funge da Coro tessendo il filo del racconto, è sì uno spaccato della vita di una famiglia italiana emigrata in un altro mondo di cui si fa fatica a comprenderne le regole e i modi di pensare, ma è soprattutto un attento obiettivo puntato sulla forza dirompente delle passioni, a volte incontrollabili, che sfuggono di mano e non possono che portare alla rovina. C’è un’ombra nel personaggio di Eddy Carbone, un’ombra ossessiva che lo oscura totalmente nel momento in cui l’arrivo di due giovani parenti, immigrati clandestini, andranno a minare il rapporto amorevole con la sua giovane nipote che ha cresciuto e protetto come una reliquia negli anni, con una cura che mostrerà i suoi lacci mortiferi quando la ragazza spiccherà il volo inebriata dal sentimento per uno dei due ragazzi. Eddy Carbone non è un cattivo, è un gran lavoratore, ama la famiglia, la moglie, ha forti valori, ma quell’ombra che lo tormenta sarà la sua condanna. Il suo sguardo dal ponte, che divide la povera Brooklyn dall’opulenta Manhattan, non attraverserà mai quel lembo di mare. Forse, chissà, sua nipote ci riuscirà in futuro.

Un testo bellissimo quello di Miller, che Somma e la sua Compagnia portano nei teatri da qualche anno e che finalmente sono riuscito a vedere. Con soddisfazione, direi. La bella regia di Lamanna valorizza elegantemente la storia, coadiuvata dalle musiche di Donaggio, facendo muovere i suoi protagonisti sul palco con perfette sincronie, sin dal suggestivo inizio. La drammaticità della storia non diventa mai pesante, grazie al ritmo sostenuto da tutti gli attori. Tutti in parte, convincenti. Bravissima Sara Ricci, nel ruolo della moglie di Eddy Carbone, che lavora in sottrazione esaltando le giustificate preoccupazioni e la saggezza del personaggio. Così come Cecilia Guzzardi, la nipote, a mutare registro drammaticamente nel corso della storia. Bravi i due ragazzi, Vladimir Randazzo e Davide Schiavo, i parenti clandestini, due caratteri molto diversi, causa ed esecutori della tragedia. Gaetano Amato, avvocato e narratore, è la suggestiva presenza defilata sul palco, l’anima ammonitrice e inascoltata. Roberto Negri e Antonio Tallura completano il cast, il primo collega portuale di Eddy Carbone, il secondo quale funzionario dell’ufficio immigrazione. Lascio come ultimo Sebastiano Somma, indiscusso protagonista di questa pièce. Ruolo complesso il suo ed emozionante la sua interpretazione, ricca di calore e sfumature che la sua esperienza infondono al personaggio. Una “perversa purezza” quella del povero Eddy, una tenerezza di fondo, una confusione sentimentale che Somma fa sua e regala al numeroso pubblico di questa bella prima serata al Ghione. Toccante. Si replica fino a domenica 24 novembre.

Paolo Leone

 

Uno sguardo dal ponte, di Arthur Miller. Traduzione di Masolino D’Amico. Con: Sara Ricci, Gaetano Amato, Cecilia Guzzardi, Vladimir Randazzo, Davide Schiavo, Roberto Negri e Antonio Tallura. Musiche Pino Donaggio. Regia di Enrico Maria Lamanna.
Si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Ghione nella persona di Maurizio Quattrini

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