Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Bartoli. Dall’11 al 16 febbraio 2020
Il titolo è lo stesso nel testo originale inglese, lingua con la quale è possibile giocare sull’ambiguità tra il significato originario dal greco, “difesa formale, scritta, delle opinioni o della condotta di qualcuno” e quello britannico di “giustificazione”, connessa all’idea di chiedere scusa.
La brillante e notevole pièce di Alexi Kaye Campbell, tradotta da Monica Capuani è in scena alla Sala Bartoli del Politeama Rossetti di Trieste, per la regia di Andrea Chiodi.
La durata insolita (oltre due ore) per uno spettacolo allestito nello spazio del Ridotto del Teatro Stabile non sembra turbare il pubblico, attivo al punto di sorprendersi a commentare ad alta voce quanto avviene in scena e non soltanto durante l’intervallo, mentre l’assenza del sipario mantiene visibile l’ambientazione scenografica di Matteo Patrucco trasformando la platea in una sorta di piccola comunità, molto simile allo spirito del teatro classico.
In una grande prova d’attrice, Elisabetta Pozzi è Kristin Miller, importante e ispirata storica dell’arte, autrice del saggio di successo che dà titolo allo spettacolo e che si rivelerà essere il centro magnetico di ogni discorso o relazione tra la donna e gli altri personaggi giunti per festeggiare il suo sessantesimo compleanno.
Ognuno di loro possiede una storia passata importante, che poco a poco emerge attraverso la lettura personale del comune vissuto.
Alberto Fasoli è Hugh, amico di Kristin fin dalla gioventù, testimone attento e amorevole, complice e solidale.
Christian La Rosa interpreta entrambi i figli, Peter e Simon, diversi per indole e percorsi di vita ma uniti nel condannare le scelte della madre; sono presenti anche le rispettive fidanzate, l’americana Trudi (Francesca Porrini) e Claire (Martina Sammarco) ed entrambe aiutano a svelare la stratificata figura della protagonista, forse più degli altri.
Quella di Katrin è un’energia portentosa; ad essa tutti cercano di attingere o sottrarsi, figura ingombrante che nessuno è in grado di ignorare.
Misurandosi con la sua personalità, cercano di definire se stessi, di dar senso alle personali esperienze nel tentativo di affrancarsi da chi in realtà non li vuole dipendenti, lei che è davvero una persona libera.
Ma quanto le è costato tutto ciò!
Il profondo amore di Kristin per i figli è esplicitato in modo di certo non convenzionale, ma è vero e sincero, celato da uno spirito critico costantemente all’opera e da una verve eccezionale capace di incantare gli spettatori.
La critica che subisce da Peter e Simon è frutto di una lettura parziale degli eventi passati: legata unicamente alle prospettive dei due figli che, troppo presi dalle rispettive recriminazioni, ignorano il punto di vista di Katrin la cui esistenza è costellata di scelte forti, mai facili, affrontate sempre con coraggio e lucidità.
Sprazzi di consapevolezza, risoluzioni di conflitti o ricomposizioni dell’infranto vissuto da alcuni, particelle isolate di verità individuali sconnesse da quelle degli altri, offrono la possibilità, seguendo quel che avviene in scena, di far esperienza di quanto possa essere difficile e grandioso il riuscire a raggiungere l’appagamento della propria serenità.
Paola Pini
