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Con “Souper” di Ferenc Molnár, si avvia alla conclusione la stagione de “Il Rossetti” di Trieste

Data:

Il Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – Sala Bartoli, dal 5 al 22 maggio 2016

In “Souper” (La cena) di Ferenc Molnár, drammaturgo, scrittore e giornalista ungherese, il pubblico assiste ad uno spettacolo fulmineo, che dura poco più di un’ora. Al centro della vicenda la natura di corrotti e corruttori che in un attimo si svela: è sufficiente l’irrompere di un avvenimento imprevisto, di un qualcosa che turbi la routine ipocrita e artificiale, per far saltare ogni equilibrio assieme  allo strato di belletto che vorrebbe celare il tutto, ma che si crepa facilmente, simile ad una tela pesante ma molto fragile, che al primo soffio immediatamente si strappa.

La traduzione di Ada Salvatore, nell’adattamento di Fausto Paravidino che ne firma la regia, evidenzia in modo molto efficace questa rapidità -sottolineata da musica e didascalie proiettate sulle pareti – grazie alla quale il mutare repentino dei rapporti fra i diversi personaggi, riuniti a casa del Direttore Generale di una grande banca per festeggiarne i successi, appare con forza esagerandone la portata. Grazie a questa amplificazione, una volta rientrata la crisi, è possibile leggere in modo chiarissimo ciò che si nasconde nell’anima di chi, attratto dalla fama e dal denaro di alcuni, quando il vento cambia vede come priorità assoluta, in modo totalmente acritico e a causa della propria sporca coscienza, la necessità di tirarsi fuori da una situazione potenzialmente pericolosa, di smarcarsi nel minor tempo possibile da chi è appena caduto in disgrazia, di allontanarsi da chi sta annaspando, dimenticando di averlo omaggiato senza alcun ritegno fino a un attimo prima.

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In tutto questo complesso meccanismo, Molnár, famoso nel mondo per il suo “I ragazzi della via Pál”, che fu però anche autore di moltissimi drammi diventati in seguito soggetti per numerosi film e musical, non dimentica di esprimere la propria denuncia contro le ingiustizie sociali nei confronti dei più deboli e così inserisce un personaggio silenzioso, sollecito, maltrattato, disprezzato e umiliato dall’inizio alla fine: la muta ed espressiva cameriera (Francesca De Benedittis) su cui tutti, in un modo o nell’altro scaricano la propria rabbia verso una “giustizia”, impersonata dal capitano (Andrea Germani) che entra in scena come artefice della baraonda, e contro la qualein quel momento nulla possono.

Lo spaccato che Fausto Paravidino ha reso assieme alla Compagnia Stabile de Il Rossetti, che nel corso della stagione ha saputo creare e rafforzare una sintonia interna molto palpabile, parla in modo forte e chiaro delle debolezze e delle meschinità della condizione umana alle quali in ogni tempo ci si trova di fronte.

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Gli attori, riescono a interpretare e molto bene tutto ciò, facilitati in questo anche dai costumi e dal trucco che in alcuni personaggi si rivela essere una vera e propria maschera, grottesca e caricaturale, o attraverso un uso particolare della voce, che in altri viene reso con un difetto di pronuncia o con un tono innaturale.Così, a questa cena rivelatrice sono presenti i tipici rappresentanti di una parte privilegiata della società: il direttore generale della grande banca, padrone di casa, (Riccardo Maranzana)che si è fatto da solo ed è ammirato e citato ad esempio di grandissima onestà addirittura dal Presidente in persona, presentatogli a suo tempo dall’esuberante signora del consigliere (Lara Komar); la padrona di casa (Maria Grazia Plos), che sostiene con entusiasmo il marito e lo stesso entusiasmo viene espresso dall’arrogante e falsamente condiscendente consigliere (Adriano Braidotti) e dalla baronessa (Ester Galazzi), anche se in modo più defilato, complice l’alto rango e la sua dedizione all’alcol; c’è poi il vecchio dottore (Franesco Migliaccio), che appoggia lo status quo, mascherando il suo atteggiamento grazie a discorsi brillanti e scherzi da salotto e infine il giovinotto (Filippo Borghi), tipico esemplare di adulatore, dietro il quale si nasconde il meschino delatore, il primo ad essere  pronto a tagliare la corda quando la situazione diventa critica.

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Ma c’è, ad un certo punto, qualcosa che irrompe potente, sapientemente portato alla massima evidenza in modo impercettibile, quasi come, per un solo secondo,si fossero accesi dei riflettori e si fosse prodotto un fermo immagine: l’attimo di verità in cui tutti si trovano di fronte a se stessi; non soltanto comprendono di essersi svelati nei confronti degli altri, con la conseguente necessità di ritornare nei ruoli abituali con grandissima urgenza una volta cessato il pericolo ma, come nell’Enrico V di Shakespeare dopo il tradimento degli amici, si rendono conto che niente potrà più essere come prima. Si potrà continuare a fingere, ma il giocattolo si è ormai rotto.

Questo brevissimo momento avrebbe potuto perdersi nel continuo turbinio di parole e di movimenti e potrebbe capitare di accorgersene soltanto alla fine dello spettacolo, perché appare in scena come una suggestione più che provenire da un vero e proprio ascolto. Proprio per questo motivo rimane nel ricordo dello spettatore come qualcosa di molto forte, essenziale, luminoso: fino a quando continuerà ad esserci questo attimo di verità, momento di consapevolezza rispetto alle debolezze cui noi tutti possiamo essere preda, finché sarà ancora possibile percepirle nella loro tragica totalità e renderle nostre, potremo ancora sperare nella possibilità di un qualche seppur minimo e temporaneo riscatto.

Paola Pini

Di:Ferenc Molnár

Traduzione di: Ada Salvatore
Adattamento di: Fausto Paravidino
Scene: Laura Benzi
Costumi: Sandra Cardini
Suono e video: Daniele Natali
Aiuto regista: Maria Teresa Berardelli
Luci: Alessandro Macorigh
Foto di scena: Simone Di Luca
Regia: Fausto Paravidino
Produzione: Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Interpreti: la Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia: Filippo Borghi, Adriano Braidotti, Ester Galazzi, Andrea Germani, Lara Komar, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Maria Grazia Plos e Federica De Benedittis

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