Una voce delicata e profonda e classici ritmi Country e folk: sono i due ingredienti che si sposano per dare luce a “Things That Can’t Be Undone”, l’ultimo album realizzato dal gruppo canadese Corb Lund and the Hurtin’ Albertans. Il Country è un genere musicale destinato a non morire e questo è dimostrato anche da questo disco, che, seppur proponga ritmie consolidate, non perde comunque la sua freschezza e la sua piacevolezza sonora. È come se la musica Country ti dondolasse in un andamento così piacevole e divertente da diventare irrinunciabile. Sarà proprio per questo che il citato album, che potrebbe per certi versi essere scritto dal Bob Dylan, dal Neil Young, dal Johnny Cash o dal Bruce Springsteen di qualche fa, si fa ascoltare e riascoltare, anche senza una ricercata vena sperimentale e di originalità. Country per il Country insomma, Folk per il Folk – l’Arte per l’Arte. È come se gli artisti volessero dirci: “A noi non interessa l’originalità, a noi importa solamente fare un Country (anche con reminiscenze Blues direi) fatto bene e senza tante sofisticazioni”. Beh, in questo i Corb Lund and the Hurtin’ Albertans riescono in pieno e di certo non si può imputare a loro una mancanza di originalità, perché, dopotutto, chi l’ha detto che un prodotto è valido solo se è originale? Dirò solo che esiste musica che suona bene e musica che suona male e questa certamente suona bene e ciò ci basta.
Il disco, pubblicato dalla New West Records, è formato da dieci brani: Weight of the Gun, Run This Town, Alt Berliner Blues, Alice Eyes, Sadr City, Washed-Up Rock Star Factory Blues, S Lazy H, Goodbye Colorado, Talk Too Much e Sunbeam.
Lo consiglio sia per un attento ascolto musicale, sia per essere accompagnati da un gradevole sottofondo giornaliero.
Stefano Duranti Poccetti