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Rokia Traoré, il suono e la poesia del Mali

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Rokia Traoré è una splendida cantante, autrice, compositrice, interprete polistrumentista nata nel Mali. “Né So”, questo il titolo in lingua bambara, è il sesto album dell’artista e in italiano significa letteralmente “A Casa”. Figlia di diplomatici, ha studiato sociologia a Bruxelles ma il suo mondo è la musica, e con la musica attraversa Paesi, culture ed emozioni, tessendo una tela fatta di arte e bellezza.

Ho sentito la sua forza attraverso la sua voce delicata ma profondissima, la sua musica è ipnotica, intensa e piena di poesia. Nel suo nuovo album “Né So”, che significa “A Casa”, lei parla di tante cose importanti: La guerra, la condizione dei rifugiati, impegnandosi ancora profondamente in ruoli sociali, ma tocca anche altri temi, come l’evoluzione personale, l’ostacolo dell’ego, fino ad alleggerirsi in canzoni d’amore, piene di eleganza e giocosità. Cosa significa per lei questo album?

Per me “casa” ha un significato figurato. Per casa intendo come prima cosa la nostra libertà, la libertà che abbiamo e che nessuno può prenderci; è come se fosse la proiezione di un sogno, come una villa, un monolocale, è una sorta di desiderio che ci tiene ancorati alla vita, che ci permette di lottare contro le frustrazioni e le avversità. Questo nostro sogno svanisce quando ci troviamo nel mezzo di una crisi, di una situazione molto complicata nella quale non si pensa più alle cose materiali ma si cerca di sopravvivere; è molto triste che molte persone non abbiano la possibilità di avere questo sogno, che fondamentalmente si concretizza nell’ideale di libertà. La mia casa è nella mia vita, in Francia, in Belgio, dovunque abbia vissuto. Mio padre era un diplomatico e viaggiavamo molto; è anche vero che crescendo ho desiderato meno di fermarmi in un paese piuttosto che in un altro. Succedeva invece che avevo voglia di fermarmi in un posto perché avevo l’esigenza di realizzare un progetto, un sogno; la casa non è tanto una cosa materiale ma il sogno della realizzazione dei nostri progetti. Ogni persona ha un sogno materiale e se tutto va bene riesce a realizzarlo, altrimenti, se non ci si riesce, tutto si incupisce.

Cos’è l’Africa per lei, le sue radici, la sua terra, la sua musica. Lei parla di un desiderio di un mix di culture nei suoi lavori, infatti questo album ha collaboratori importanti come John Paul Jones, ma anche il premio Nobel per la letteratura Toni Morrison, fino a Devendra Barnhart. Direi un mix superlativo: com’è stato lavorare con questi artisti? E quali sono i suoi artisti di riferimento, o con quali artisti vorrebbe collaborare?

Ogni collaborazione nasce da un feeling a livello umano. Non è mai una questione di marketing. Così sono nate le collaborazioni con John Paul Jones e Devendra Barnhart, ad esempio. E sono molti gli artisti, anche italiani, con i quali vorrei collaborare. Ma prima di ogni collaborazione artistica è importante per me avere degli obiettivi comuni e valori da condividere.

Rokia_Traoré_Corriere_dello_SpettacoloLei è una donna, un’artista, una compositrice: ha affrontato momenti difficili, ma si è chiesta qual era la direzione da prendere e ha deciso con forza di proseguire. Come si sceglie? Dove ha attinto la forza per andare avanti, seguendo i suoi sogni, desideri, speranze?

Ho scelto di esprimermi attraverso la musica. Sono diventata un’artista perché la musica, la tecnica artistica musicale è più basata sul pensiero rispetto ad altri mezzi di comunicazione. E naturalmente perché risultava più semplice per me. La musica è un qualcosa di impatto, ma è capace di rimanere nel tempo e di parlare a tantissime persone. Ed è un mezzo per trasmettere speranza e libertà.

Come ha iniziato a fare la musicista e cosa vorrebbe donare a chi ascolta la sua musica? Consapevolezza, bellezza, integrazione, conoscenza, gioia?

Non mi aspettavo di diventare una musicista. Amavo molto la musica, percepivo una stretta connessione con il ritmo e frequentavo molti musicisti, ma non pensavo che di questo avrei fatto il mio mestiere. Ho cominciato con una piccola produzione per una stazione radiofonica. Poi è venuto un piccolo spot per la televisione, la mia prima esperienza professionale. Subito dopo è arrivata la possibilità di formare una rock band, con la quale ho effettuato la prima registrazione in studio. Ho scoperto che il pubblico amava la mia voce. Dopo il primo album ho capito che era questo ciò che volevo fare nella vita. Poi sono venuti il secondo, il terzo album… Ma all’inizio non sapevo che tipo di carriera avrei potuto avere.

Ci racconta la splendida frase:

   “Un but doit avoir sa raison

   A la base de toute réussite il y a une raison

   A la base de tout échec il y a un but sans raison”.

Dobbiamo sapere cosa vogliamo. Se sappiamo cosa vogliamo non dobbiamo considerare un fallimento il fatto di non essere riusciti a raggiungere l’obiettivo che ci eravamo prefissi, perché comunque ciò che abbiamo fatto ci ha permesso di imparare molte cose. Un’altra cosa è quando andiamo avanti senza sapere cosa facciamo. La canzone nella quale ho scritto questa frase, Kenia, è indirizzata alle sfere della politica, lo dico esplicitamente alla fine della canzone. Se i politici agiscono solo per loro stessi, non andremo molto lontano; chi ha lasciato il suo nome nella storia sono proprio quelle persone che hanno cercato di aiutare la collettività, non pensando soltanto al proprio interesse; se hanno fatto scelte soltanto per il loro interesse, hanno perseguito una meta senza sogno, non hanno fatto nulla per il loro Paese.

Laura Falcinelli

Grazie a Maria Rosaria Corchia e al Festival delle Nazioni di Città di Castello

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