Trieste, Teatro Lirico Giuseppe Verdi, dal 9 al 17 giugno 2017
L’intera stagione lirica triestina è stata caratterizzata dalla presenza costante di un elemento degno di nota: la coerenza interna e la presenza sul palcoscenico di cast equilibrati. Ciò vale anche per Tosca, la grandiosa opera di Giacomo Puccini, che ha offerto però una punta d’eccellenza nelle due protagoniste ed in particolare in Svetla Vassileva che, alle indubbie doti vocali ed interpretative, ha aggiunto qualcosa di più: vera e propria “presenza”, ha dominato su tutti, mostrandosi amante gelosa e possessiva di Mario Cavaradossi (l’impetuoso Massimo Giordano) e facile preda prima, ma furia vendicativa poi per il barone Scarpia (il diabolico Angelo Veccia). Molto efficaci i personaggi minori: Angelotti (Zoltán Nagy), il sagrestano (Dario Giorgelè), Spoletta (Motoharu Takei), Sciarrone (Fumiyuki Kato), il pastore (Emma Orsini/Teresa Fornasaro) e il carceriere (Giovanni Palumbo). Anche nel terzetto del secondo cast il soprano (Francesca Tiburzi) è emersa mostrando una sfumatura più dolce, meno spigolosa, ma altrettanto decisa accanto all’innamorato tenore (Luciano Ganci) e al sadico baritono (Leo An). Sono stati così espressi aspetti diversi di tre personalità molto complesse create dall’unione perfetta tra il testo del libretto di Illica e Giacosa e la musica complessa di Puccini, capace di scavare in modo sempre nuovo nel profondo di chi l’ascolta.
Hugo de Ana non è stato soltanto regista, ma anche autore delle scene, dei costumi e delle luci, donando all’allestimento un’unitarietà di notevole impatto, a partire dagli inserti cinematografici proiettati su di un telo che enfatizza la “quarta parete”, sempre esistente fra gli interpreti ed il pubblico, ma che in questo caso fornisce all’intera scenografia, già molto cupa e pesante, una suggestione molto forte e di grande effetto.
L’orchestra, magistralmente diretta da Fabrizio Maria Carminati, si è dimostrata pienamente all’altezza, ricevendo molto meritatamente lunghi applausi dal pubblico; lo stesso vale per il coro preparato da Francesca Tosi e dalle voci bianche de I Piccoli Cantori della Città di Trieste, diretti da Cristina Semeraro.
Tosca è un’opera densa, scritta a cavallo fra Ottocento e Novecento da un artista maturo, capace di coniugare le citazioni verdiane con una tecnica compositiva molto vicina al pensiero wagneriano, per aprire a quel che verrà poi. Grazie a lui l’Otello e il Tristano, con buona pace dei sostenitori delle opposte fazioni, si incontrano amplificando ulteriormente la potenza singolarmente espressa. Qui, la Storia si ritrova sullo sfondo rispetto alle miserie umane prorompenti in modo forte, elegante e poetico.
La malvagità di Scarpia incombe da principio a fine, presenza incombente e fatale fino all’ultimo, estremo pensiero di Tosca poco prima del suicidio: il Nemico è lui, nella vita e nella morte, portatore di un desiderio devastante, venefico e distruttivo, incapace di qualsiasi gesto benevolo, men che meno di amare, divorato dalla volontà di possedere e gettar via.
Soltanto una Donna appassionata e sincera, incapace di scendere a compromessi, può essere in grado di tenergli testa, vincendo su colui di fronte al quale “tremava tutta Roma”.
In quest’ottima chiusura di stagione l’allestimento messo in scena a Trieste lo ha mostrato pienamente
Paola Pini