Dal 7 all’11 novembre 2017 il Teatro Stabile di Catania ospita “Bestie di scena” di Emma Dante
Nella frenetica società odierna dove siamo sottoposti a continui stimoli sensoriali, Emma Dante immagina uno spettacolo basato sul silenzio. All’apparenza può sembrare un’idea semplice che però, date le premesse, impatta in maniera fortissima sullo spettatore diventando il primo e unico motivo di scalpore della mise en scene. La condizione di disagio nel pubblico è manifesta sin da subito, tanto che si cerca un rumore di fondo, un colpo di tosse, una chiacchiera, qualche risata per riempire il vuoto. Alla fine lo straniamento cesserà solo quando arriveranno dirompenti all’orecchio le note di “Only you”dei Platters.
In “Bestie di scena”, infatti, non ci sono dialoghi né monologhi, ciò che prevale su tutto è la fisicità degli interpreti. Il tema cardine della pièce si sviluppa attorno a una riflessione, per cui la Dante concentra in 70 minuti di spettacolo l’evoluzione psicologica e la crescita, intesa come lavoro sul personaggio, di un gruppo d’attori sottoposti alle più dure prove fisiche. Un percorso nel quale l’interprete è ridotto a mera marionetta, così come la intendeva Craig, mentre un’entità superiore lo stimola continuamente attraverso l’interazione con oggetti che compaiono in scena, letteralmente lanciati dalle quinte.

Nel momento in cui entriamo in platea, il palcoscenico si presenta a noi privo di qualsiasi orpello, non ci sono scenografie né tanto meno oggetti di scena, solo dodici attori che si muovono nello spazio assorti nelle loro ripetitive azioni. Si stanno scaldando con un lungo e faticoso training, fatto di un progressivo dinamismo e da una coordinazione piacevole alla vista, ma è nel momento in cui subentra la stanchezza che ciascuno inizia a spogliarsi di ogni indumento. Ci troviamo di fronte a una metafora, quasi che nell’atto di denudarsi l’essere umano voglia eliminare dalla sua mente determinate sovrastrutture per fare spazio al personaggio.
Sebbene talvolta si usi il nudo come escamotage più che come necessità reale, in “Bestie di scena”questo elemento passa davvero in secondo piano, il corpo, infatti, è privato di ogni connotato sessuale ricoprendo invece la funzione di macchina perfetta, dove il fisico e la mente diventano un unicum a sostegno dell’interpretazione.
Nonostante la straordinaria bravura degli interpreti, a cui è richiesto un grande sforzo fisico e psicologico, e alla suggestione delle luci firmate da Cristian Zucaro, la mancanza di drammaturgia fa perdere il coinvolgimento emotivo del pubblico trasformando lo spettacolo in un mero esercizio d’improvvisazione, sebbene studiato in ogni singolo dettaglio.
Un’esperienza che nel complesso merita di essere vissuta ma con la consapevolezza che ciò a cui siamo chiamati è l’urgenza di una riflessione, che erompe nel momento stesso in cui si spengono gli applausi.
Laura Cavallaro