Dal 27 febbraio al 17 marzo è in programma al Teatro Due di Parma
“È incredibile che gli esseri umani siano in grado di costruire bombe termonucleari; altrettanto incredibile è che gli esseri umani costruiscano effettivamente bombe termonucleari” . Tale citazione è tratta da “L’illusione della conoscenza”, testo di Steven Sloman e Philip Phernbac, nonché spunto della traccia dell’esame di Stato di istruzione secondaria superiore del lontano 2019, distante giusto pochi mesi dall’ anno zero. Profetico, vero?
Dal 27 febbraio al 17 marzo è in programma al Teatro Due di Parma Bestie Incredule, testo di Simone Corso e regia di Nicoletta Robello. Lo spettacolo va in scena nella Sala Piccola del teatro: serve un ambiente raccolto, solo quaranta posti per un racconto così profondo. Tutta la storia, gli oggetti e gli abiti di scena sono immersi in un colore indefinibile, tra il verde tenue e il grigio chiaro, tinta monocromo che rimanda alla natura fredda e vasta di un territorio così diverso e distante dal nostro, quello danese, con i suoi spazi aperti e i suoi animali selvatici. A segnare l’inizio e la fine, a controllare il ritmo e le azioni dei sei personaggi il battito di zampe di un orso, deus ex machina onnipresente che gestisce l’intero dispositivo e detta i tempi, le musiche e le luci. L’orso sbuffa, preme tasti, reagisce, si indigna, commenta da bestia goffa qual è ed è la nostra parte emotiva. Noi invece restiamo esposti tutto il tempo ad una luce tenue, mentre le musiche sono dolci impressioni sonore. Siamo nel 2083 quando la sessantatreenne Suzanne Dam racconta l’intreccio delle vicende che hanno coinvolto i suoi genitori e suo zio Poul e di come abbiano vissuto quel 2020, anno spartiacque: servono più di sessant’anni per narrare con il dovuto distacco una favola che ha più il sapore di un incubo. La microstoria da cui si parte è l’uccisione di milioni di visoni, uccisi perché considerati erroneamente vettori del virus Covid-19.
Questa opera contemporanea nasce dalla penna del giovanissimo autore Simone Corso e tratta la complessità superficiale dell’oggi, fatta di ansia e di un’esorbitante numero di informazioni che ci annichilisce come in un bollettino di guerra. Ognuno dei cinque personaggi è paralizzato dalla realtà che esso stesso ha contribuito a plasmare, è portatore di disagio e vive dietro le sbarre di cemento e paura. Questo dramma teatrale ci ridimensiona, ci ricorda che non siamo signori assoluti della natura ma solo una tessera del suo mosaico, smonta le umane sorti e progressive e ogni razionalismo sfrenato. La messinscena è una dose di umiltà che smonta ogni mania di controllo poiché le bestie incredule siamo noi.
Chiara Cataldo